Nessuno ti dice come fare quando la solitudine ti avvolge all'improvviso

Data di pubblicazione: 18 Settembre 2023

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La solitudine, in fondo, non è una malattia. O sbaglio?

Pensavo di essere io il problema, di essere quella che non si adatta, che non scende a compromessi. Quella che vuole troppo. Mi guardavo intorno e non vedevo nessuno sentirsi a disagio per essere solo, mentre io non riuscivo a non soffrire per questa immensa solitudine che negli ultimi mesi si era presentata alla mia porta senza bussare.

Era entrata dalla serratura della porta in silenzio. E io, incapace di scacciarla, l’avevo abbracciata per costruirci intorno il mio nuovo mondo.

Un mondo fatto solo da me e da lei.

Ormai, mi ero convinta. Saremmo diventate migliori amiche per la vita.

Ho provato all'inizio a parlare con chi mi stava intorno della mia sofferenza, o solitudine. All'inizio mi sentivo piatta ma non ancora vuota come ora. Pensavo che la primavera mi avrebbe aiutato. Invece mi sono sentita solo peggio.

La domenica il sole illuminava e incoraggiava i miei vicini, a uscire, mentre io che di luminoso non avevo più niente, abbassavo le serrande e finalmente il senso di disagio che la luce del giorno mi creava, spariva scemando.

Mi sono sempre chiesta perché quando affermi di vivere da sola, le persone esclamano “Sei fortunata a vivere sola, non devi pensare a nessuno e nemmeno occupartene. Sei LIBERA!”

Di fronte a quella frase non riuscivo a evitare di sentirmi in colpa. Allora di cosa mi lamentavo io, che non avevo grossi problemi economici, mentre altre persone soffrono, o coetanei che hanno problemi ben più seri dei miei. Io ho tutto. Un lavoro, una casa, entrambi i genitori. Così mi interrogavo su cosa significasse per le persone avere tutto?

Forse avere tutto era solo una questione di prospettive.

Forse avevo bisogno di poter parlare apertamente con qualcuno, senza avere timore di essere noiosa o logorroica. O ancora peggio di essere compatita.

Se vi state chiedendo se ho degli amici o se sono sempre stata un eremita, dovete sapere che ho avuto grandi amici intorno a me tutta la vita. All'inizio hanno provato a starmi vicino. Ma dopo un po' diventa pesante, sia per loro che per me. Quelle volte che provavo a incontrarli anche solo per una chiacchiera mi ritrovavo a domandarmi “Cosa ci faccio io qui? Perchè non riesco a essere interessata a niente di quello che le persone mi raccontano?”

Non potevo buttare il peso della mia solitudine addosso a loro, ognuno di noi ha i propri mostri da affrontare.

E’ stato così che ad certo punto mi sono ritrovata a non uscire più. Durante la settimana non uscivo e nel weekend trovavo tutte le scuse del mondo per non vederli. Ho iniziato poco alla volta a perdere di vista i miei amici, consapevole che la colpa era mia. Mi sono allontanata sempre di più da chi mi voleva bene e, allo stesso tempo, mi sono avvicinata sempre di più alla mia nuova migliore amica.

Quella luce che avevo dentro si è spenta e ogni cosa ha iniziato a diventare buia, come la mia casa, dove una volta cucinavo e invitavo i miei amici a cena, o la mia camera da letto, dove non metto piede da troppo tempo.

A volte mi viene ancora l’idea di parlare con i miei amici o qualcuno della famiglia, di raccontargli che sto bene, ma la mattina quando mi alzo la stessa domanda ruota nella testa.

Perché vivo?

Non penso al suicidio perché credo fermamente che la vita va vissuta, ma non trovo più una risposta che riesca a convincermi. Una volta a questa domanda avrei potuto dare milioni di risposte:

Perché devo realizzare i miei obiettivi.

Perché voglio una famiglia.

Perché amo la mia vita.

Perché la vita è bella.

La vita è bella, sì certo. Allora perché la mia vita non mi piace più?

Fino a qualche anno fa ero sola, vivevo bene ed ero felice di me stessa. Avevo avuto anche in passato una delusione d'amore e sapevo come riprendermi.

Basta che inizio a prendermi più cura di me stessa, pensavo.

Ma stavolta niente.

Tutto piatto.

Solo lacrime.

E dopo le lacrime un silenzio assordante.

Era ancora peggio quando capitava che per qualche settimana tornassi quella di sempre, pensavo quasi di avercela fatta a superare questa crisi, quando un niente come un profumo, una canzone o una foto di Google mi riportavano indietro di qualche anno fa.

Come quella volta che vidi la foto del mio matrimonio nel salotto dei miei genitori.

Forse non avevo dato a quelle storie il peso che avevo dato a questa, mi rispondevo. No, forse si trattava del fatto che avevo perso le speranze. O semplicemente non riuscivo a liberarmi della rabbia che provavo nei miei confronti.

Se era lui ad essersene andato perché ero così arrabbiata con me stessa? Perché avevo dato il meglio di me stessa e mi ero ritrovata di nuovo sola.

Vorrei poter cancellare questi ultimi tre anni, e tornare ad essere la donna solare e brillante che ero. Invece la sera torno a casa e almeno che non decida di continuare a lavorare passo le mie serate a fissare il vuoto.

Un pò mi vergogno perché a volte fingo con me stessa che mio marito sia morto, allora penso che una parte di me vorrebbe tanto andare in un gruppo di aiuto per l’elaborazione del lutto, ma so che sarebbe ingiusto nei confronti di chi ha veramente perso una persona cara. O forse dovrei andare dallo psicologo ma ci sono giorni in cui sto bene e allora penso che forse ce la faccio da sola. Siete lontani ma ho visto che il vostro servizio è gratuito e forse 4 sedute mi basteranno almeno per capire se qual’è il percorso migliore per tornare ad essere la ragazza allegra che adoravo.

Autore: Laura Sharma


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